(IN) VISIBILI
(IN) VISIBILI

(IN) VISIBILI

In tutta la mia vita non ho mai incontrato una sola persona emotivamente sana. Tutti si trascinano dietro il loro bagaglio di traumi infantili, problemi adolescenziali o affanni della vita quotidiana
(In)visibili di Ivan Baidak di Les Flâneurs Edizioni

Diversità. Normalità.

Due parole, due dimensioni, due stili di vita, due rette che però si incrociano dando luogo a scontri.

(In) visibili di Ivan Baidak , Les Flâneurs edizioni, è un romanzo che parla di diversità e inclusione nel suo significato più profondo ma nascosto.

Non un libro in cui ci viene raccontato solo cosa significhi avere un handicap, una disabilità, una malformazione o una sindrome. Questo l’autore lo fa e anche piuttosto bene, ma il suo pregio è quello di sbattere in faccia una realtà che troppo spesso l’uomo decide di ignorare, volgendo lo sguardo dall’altra parte, perché la diversità, diciamocelo, dà fastidio, urta, non è estetica, scombina i piani. La società non è strutturata per il diverso.

L’uomo ha paura del diverso.

Ciò che non è familiare spaventa o, se va bene, mette a disagio e fa andare in allarme. È la storia stessa del genere umano.

L’autore, invece, fa capire l’umanità e la normalità dei protagonisti di questo libro e affonda la penna nella realtà. I personaggi non sono immaginari, esistono davvero e in fondo siamo noi, tutti noi. Adam, Anna, Marta, Eva, non sono che specchi in cui ognuno di noi può riflettere la propria esistenza e immedesimarsi in ognuno di loro.

Come ci racconta l’interprete principale Adam, alla fine bisogna fare i conti con se stessi, con le proprie paure, assumersi le responsabilità dei propri fallimenti che non sono dovuti al caso, ma solo alle nostre scelte. Scelte consapevoli che però decidiamo di ignorare, esattamente come un handicap altrui, perché è facile e comodo avere sempre qualcuno da accusare per i nostri insuccessi.

La lettura di questo libro insegna, con molta schiettezza, come non sia necessario avere un problema fisico per essere invisibili, i muri li costruiamo noi e la condizione autoinflitta di vivere nell’ombra è una scelta.

Le pagine del testo sono il lento cammino verso la riscoperta di se stessi.

Ovviamente, un handicap fisico mina le certezze della propria esistenza, specialmente in una società omologata come la nostra che perpetua un modello di bellezza e perfezione, aspetto che in questi anni di social si è ancor più acuito.

Omologazione come assenza di imperfezione. La società spinge all’autoisolamento.

Si mostra solo il lato bello, sorridente, felice e ordinato. Ma quanti demoni covano sotto la patina di un filtro Instagram o un balletto di Tik Tok? E c’è differenza con un difetto fisico per la persona stessa?

Gli invisibili di Baidak mostra che l’accettazione, la tolleranza e l’amore per se stessi portano a un’esistenza più serena.

Ma questo insegnamento non è solo per chi è diverso perché la diversità fisica è solo la punta di un iceberg che, come sappiamo, è molto più grande di quel che vediamo.

C’è davvero differenza tra un emangioma, la sindrome di Tourette, una nevrosi, un tic o le mille altre paure e fobie che accompagnano l’uomo del XXI secolo?

I difetti fisici sono più evidenti, certo, ma il disagio è simile. Accettare i propri difetti e vivere la vita nel miglior modo possibile, questa è la lezione dell’autore da cui dovremmo trarre ispirazione.

Ragionare sul significato della diversità e dell’inclusione è l’invito che rivolgo ai lettori con questo libro.

Buona lettura.

Foto di copertina di Jaroslav Devi – License by Unsplash – Free use

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